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La Pinacoteca Nazionale di Bologna nasce nel 1808 come quadreria dell’Accademia di Belle Arti, l’istituto d’istruzione sorto dalle ceneri della settecentesca Accademia Clementina. L’antico nucleo, proveniente dall’Istituto delle Scienze, fu in seguito arricchito dalla straordinaria raccolta di quasi mille dipinti frutto delle soppressioni di chiese e conventi compiute dopo l’ingresso delle truppe napoleoniche a Bologna, tra il 1797 e il 1810, e nuovamente a seguito delle soppressioni del 1866 attuate dal nuovo stato italiano.

Nella sede distaccata di Palazzo Pepoli Campogrande è possibile ammirare le sale splendidamente affrescate dai principali protagonisti della grande decorazione bolognese tra la seconda metà del Seicento e gli inizi del secolo successivo: il Salone d’onore con la trionfale Apoteosi di Ercole di Canuti, la Sala di Felsina con le pitture composte e aggraziate dei fratelli Rolli, le sale delle Stagioni e dell’Olimpo, dove l’irriverente Giuseppe Maria Crespi contamina la decorazione celebrativa con i modi della pittura di genere, l’elegante classicismo della Sala di Alessandro di Donato Creti. Gli ambienti del piano nobile di Palazzo Pepoli Campogrande ospitano alle pareti alcuni dipinti della quadreria Zambeccari, la ricca collezione destinata alla pubblica fruizione a fine Settecento dal marchese Giacomo Zambeccari ed entrata a far parte delle raccolte della Pinacoteca nel 1884.  

L'artista, poco più che ventenne, si ritrae in maniera affatto solenne affiancato dal cavalletto, dalla tavolozza e dalla chitarra.
Il tono lieve della rappresentazione accosta questo autoritratto alla pittura d'oltralpe, approfondita da Gandolfi durante il soggiorno in Francia e porta ad una datazione poco dopo il 1785.

In questo autoritratto, databile entro il 1780, Gandolfi si presenta come artista in termini del tutto non celebrativi, sfrondando la rappresentazione del proprio ruolo sociale da complesse e simboliche caratterizzazioni.
La resa naturalistica dei particolari allusivi al suo mondo quotidiano, come i pennelli, la tavolozza dei colori e la pipa infilata nel tricorno, contribuiscono a fare di questo dipinto un esempio di ritrattistica "borghese".

Le fonti citano numerosi autoritratti dell'artista presso le collezioni antiche.
Questo è stato ipoteticamente identificato con l'autoritratto già  in Collezione Ercolani a Bologna.
Si caratterizza per la larghezza dell'impianto e la sobrietà della gamma cromatica tendente al monocromo.
In base all'età dimostrata dall'artista sono sempre state proposte datazioni oscillanti tra il 1715 e il 1725.