Questo dipinto, frammento di una più vasta composizione, è stato alternativamente attribuito dalla critica a Tintoretto, Palma il Giovane e Tiziano.
Un accurato restauro eseguito nel 1983, ne ha confermato l'autografia tizianesca e l'opera appare databile verso la metà degli anni sessanta del Cinquecento.

L'opera, eseguita presumibilmente negli anni 1565-1570 per la cappella Casali in San Domenico di Bologna, ebbe una singolare fortuna locale e fu più volte replicata.
Un certo numero di disegni testimoniano la gestazione compositiva ed il forte interesse dell'artista per questo soggetto.

Probabilmente databile intorno al 1550 circa, quest'opera del veneziano Tintoretto dovette essere assai importante nell'educazione estetica dei giovani Carracci.
La tela si caratterizza per le ampie proporzioni e la forza plastica delle figure della Vergine e di santa Elisabetta che grandeggiano sulla scena.

Il più antico dato collezionistico conosciuto segnala la presenza della tavola sul finire del Settecento nella raccolta del marchese Giacomo Zambeccari come opera del padovano Domenico Campagnola.
Tale paternità non viene più messa in discussione fino alla recente proposta di attribuzione (1998) al pittore veneziano Battista Franco.
Il decaduto accostamento ad un pittore di area tizianesca o ritenuto tale aveva comunque il merito di dare conto delle evidenti inflessioni venete dell'opera, che ora vanno indirizzate sul tardo momento veneziano del Franco iniziato prima del 1554 e interrotto alcuni anni più tardi dal sopraggiungere della morte (1561).