La tavola, assieme al Sant’Ubaldo Vescovo (inv. 313), costituivano rispettivamente il pannello centrale e quello laterale sinistro di un trittico o di un più ampio polittico smembrato di cui non si ha notizia. La presenza di sant’Ubaldo, vescovo e patrono di Gubbio, consente di indirizzare la realizzazione verso l’area umbro-marchigiana, dove il culto del santo trovò diffusione e dove ne sopravvivono diverse testimonianze iconografiche. Caratteristiche del maestro a cui sono state attribuite le due tavole sono la definizione gracile e sottile delle fisionomie e la definizione psicologica pacata dei personaggi.

Come nel Santo Apostolo (inv. 7155), la mancanza di attributi iconografici non consente una precisa identificazione; i due Santi, assieme al San Pietro e al San Giacomo già in collezione Berenson a Settignano e ora di proprietà dello Harvard Center of Renaissance Studies, in origine trovavano posto nei pilastri laterali di un polittico già sull’altare della famiglia Sandei nella chiesa di Santa Sofia a Venezia. Nelle tavolette l’eleganza e l’estrema perizia di esecuzione, tipiche dell’artista marchigiano, si uniscono a una straordinaria monumentalità, probabile rimando alla scultura veneziana coeva.

In origine probabilmente parte centrale di un polittico smembrato, la tavola richiama l’opera di Michele di Matteo di analogo soggetto conservata ai Musei Civici di Pisa. Sebbene non all’altezza dei dipinti precedenti del pittore bolognese, la scena si distingue per il preziosismo della tecnica, evidente nella ricca veste della Vergine, nei bordi a elementi geometrici del manto di Cristo e nei motivi decorativi delle due corone-aureole.

Nel percorso dell'artista, la cui educazione pittorica è da porre in rapporto con Giovanni da Modena, questo crocifisso è situabile tra il 1430 ed il 1435 o in date prossime al soggiorno veneziano.

Come nel Santo Apostolo con libro (inv. 7156), la mancanza di attributi iconografici non consente una precisa identificazione; i due Santi, assieme al San Pietro e al San Giacomo già in collezione Berenson a Settignano e ora di proprietà dello Harvard Center of Renaissance Studies, in origine trovavano posto nei pilastri laterali di un polittico già sull’altare della famiglia Sandei nella chiesa di Santa Sofia a Venezia. Nelle tavolette l’eleganza e l’estrema perizia di esecuzione, tipiche dell’artista marchigiano, si uniscono a una straordinaria monumentalità, probabile rimando alla scultura veneziana coeva.

Questo crocifisso, meno intenso ed espressivo rispetto all'altro presente in questa Galleria, ma più ricco nei panneggi e maggiormente chiaroscurato, è ascrivibile agli anni maturi dell'artista.