Oltre al nome, ricavabile da un’iscrizione presente sul retro della tela, non si hanno notizie sull’identità dell’effigiata e il dipinto è uno dei rari esempi di ritratti femminili pervenuti di Angelo Crescimbeni, pittore bolognese la cui produzione è riconducibile al solo genere ritrattistico e che, grazie alla capacità di adeguarsi alle diverse destinazioni, fu largamente apprezzato. Nell’opera la grazia e leggerezza quasi rococò sono mitigate da un’impostazione sobria e misurata e dal fondo scuro e uniforme che, annullando i dettagli d’ambiente, concentra l’attenzione sul volto luminoso della giovane.

La piccola tela rimanda al gusto per i ritratti a mezzobusto di servitori, pitocchi e mendichi che nel Settecento affascinava la committenza aristocratica e colpisce per l’accento di verità con cui sono resi i due soggetti – l’uomo, un servo ritratto con la divisa di casa, e il cane, un carlino, animale da compagnia – entrambi accomunati da un’identica natura servile e fedele. Allievo di Giuseppe Gambarini, Gherardini è noto per le “bambocciate” realizzate per la committenza privata, in cui riprende, spesso assemblandoli assieme, modelli e figure derivate dalle opere del maestro.